Dopo il referendum verso l’elezione del prossimo Presidente della Repubblica

Il risultato del referendum del 20 e 21 settembre 2020 segna una tappa, a mio parere, non gloriosa, dell’antiparlamentarismo strisciante italiano la cui bandiera è stata sventolata dal Movimento 5 Stelle. Al tempo stesso, potrebbe diventare l’inizio di un processo riformatore indefinito nella quantità di riforme elettorali e istituzionali e nella sua qualità. Tuttavia, non è affatto scontato che quello che si prospetta di fare sia preferibile a quello che già sta scritto nella Costituzione e che condurrà a migliorare il funzionamento del sistema politico italiano e della qualità della democrazia. Significativamente ridimensionati, i parlamentari italiani avranno certamente molte difficoltà sui versanti nei quali esplicano i loro compiti essenziali che, in una democrazia parlamentare, sono due: dare rappresentanza politica ai cittadini e controllare l’operato del governo.

Sul primo versante, il Movimento 5 Stelle e, soprattutto, il Partito Democratico hanno annunciato il loro impegno alla formulazione di una nuova legge elettorale di tipo proporzionale. Poiché di leggi proporzionali ne esistono numerose varianti, sarebbe opportuno porre, come direbbero i poco fantasiosi politici, dei paletti. Al di là della formula prescelta, è assolutamente necessario che la nuova legge consenta l’espressione di un voto di preferenza, uno solo, e che non contempli in nessun modo la possibilità di candidature multiple. Il criterio ispiratore deve essere quello del potere degli elettori. La vigente legge elettorale tedesca, purché adottata nella sua integrità, risponde a questi requisiti. Quanto al controllo che i parlamentari ridotti di un terzo riusciranno ad esercitare sul governo, non per paralizzarlo, ma per evitarne eccessi e errori, sembra che i revisionisti costituzionale si siano messi sulla strada, anch’essa tedesca, del voto di sfiducia costruttivo. Bene, ma bisognerebbe evitare la eccessiva emanazione di decreti legge omnibus sui quali il governo pone la fiducia rendendo impossibile in questo modo non soltanto all’opposizione, ma alla sua stessa maggioranza, qualsiasi miglioramento dei contenuti del decreto.

In questa fase sarebbe anche molto importante che si aprisse un discorso serio, articolato e approfondito su che cosa significa rappresentanza politica. L’art. 67 “ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato” deve essere chiarito e spiegato unitamente a due altri importanti tematiche: quella dei limiti ai mandati elettivi e quella della democrazia diretta. Bisogna ricordare che la Costituzione italiana contiene due strumenti di democrazia diretta: l’iniziativa legislativa popolare /art. 71) e “il referendum popolare per deliberare l’abrogazione totale o parziale, di una legge” (art. 75), utili e utilizzati. Ė possibile/auspicabile renderli più incisivi e arricchirne la gamma?

   Né le revisioni costituzionali né le alleanze fra partiti possono fare dimenticare quello che, a mio parere, sono i due veri congiunti problemi italiani a partire dal crollo del muro di Berlino: la debolezza dei partiti e la disgregazione del sistema dei partiti. Partiti nascono, si trasformano, s’indeboliscono, illudono gli elettori, diventano irrilevanti. Non consentono progetti e azioni di governo di un qualche respiro. Inevitabilmente, gli elettori cambiano i loro comportamenti di voto contribuendo a vittorie improvvis/ate e a declini bruschi. C’è un senso di precarietà nella politica italiana alla quale, per fortuna, anche per la dura della loro carica, si sono contrapposti i Presidenti della Repubblica: Scalfaro, Ciampi, Napolitano, Mattarella. Ecco perché l’elezione del successore di Mattarella all’inizio del 2022 sarà particolarmente importante. Ecco perché il ruolo del Presidente della Repubblica italiana merita grande attenzione (politica e) istituzionale.

Gianfranco Pasquino

Gianfranco Pasquino

Professore emerito di Scienza politica, Università di Bologna. Il suo volume più recente è Minima Politica. Sei lezioni di democrazia (UTET 2020).

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