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Davvero niente sarà più come prima?

Niente sarà più come prima. Se tornasse “tutto come prima” vorrebbe dire che non avremmo capito molto e, soprattutto, che non avremmo imparato niente. Non avremmo capito che chi non protegge e non promuove l’ambiente predispone di continuo alcune condizioni che facilitano le epidemie e altri guasti.

Non avremmo capito che è giusto e “democratico” che le decisioni che valgono per una comunità debbono essere prese dai politici scelti attraverso elezioni free and fair e che gli eletti hanno l’obbligo costituzionale e morale di assumersene personalmente sempre tutta la responsabilità. Ma, nessuno dei rappresentanti e dei governanti dovrà più, mai più ignorare i pareri e le conoscenze degli esperti, dei tecnici, degli scienziati.

Neppure in politica “uno vale uno” (è solo il voto degli elettori che ha valore eguale), ma certamente in tutti gli ambiti professionali, qualcuno vale più di altri quanto a competenza, esperienza, capacità di proporre soluzioni. Non c’è nessun scivolamento dolce e rassegnato verso la tecnocrazia (che, comunque, non potrebbe configurarsi come “tornare a prima”), ma il decisivo e positivo riconoscimento che nella modernità esiste qualcosa chiamato scienza che merita rispetto. Molto più prosaicamente e concretamente, merita anche finanziamenti e non soltanto per evitare che i “nostri” giovani ricercatori siano obbligati ad andare all’estero.

Se, molto improbabilmente, tutto tornasse come prima vorrebbe dire che non abbiamo imparato alcune altre lezioni importanti e irreversibili. La globalizzazione porta con sé grandi opportunità, ma anche grandi rischi. Non vi si può opporre, ma la si deve regolare. Allora, diventa indispensabile individuare, stabilire, scegliere e fare rispettare buone regole a livello globale.

Non tornare a prima, ma costruire e potenziare le organizzazioni sovranazionali è un imperativo categorico. Questo imperativo vale anche per i sovranisti. Stanno spostando il tiro, ma non sembra che abbiamo imparato che nessuno in questo mondo e nel mondo che verrà, avrà più il potere di chiudere le frontiere, di sigillarsi, di vivere nell’autarchia (famigerata illusione del fascismo), di fare a meno di un coordinamento quanto meno europeo.

 Ed è proprio in questo ambito che nulla dovrà tornare come prima, tutto dovrà cambiare per andare avanti, politicamente, socialmente, economicamente, culturalmente.

Non credo che molti abbiamo capito che cosa è e che cosa significa effettivamente la democrazia. Vedo che troppi stanno sporgendosi a lodare il sistema politico cinese che, tecnicamente, è totalitario, con tutto il potere nelle mani del partito unico e del suo segretario Presidente, perché avrebbe bloccato e posto fine in tempi relativamente brevi all’epidemia. Loro, i cinesi, torneranno a come prima e, in assenza di libera circolazione delle informazioni, come prima saranno esposti alla prossima epidemia.

Sento che molti accigliati democratici deplorano le misure di controllo sui movimenti dei cittadini non solo italiani, di limitazione della libertà di circolazione. In Italia, tornare a come prima, significa non tanto recuperare un’apprezzabile situazione di libertà quanto ripristinare una deplorevole e criticabile situazione di violazione frequente, quasi sistematica, spesso condonata, delle regole. Andare oltre significa ripensare i rapporti interpersonali cominciare dall’esempio offerto dalle migliaia di medici e di operatori sanitari che stanno consapevolmente mettendo in gioco la loro salute e la loro vita per la salute e la vita degli altri, molti dei quali hanno violato le nient’affatto oppressive regole di non circolazione.

Andare oltre, avendo imparato qualcosa di importante, significa prendere atto, insegnare e desiderare che tutti sappiano che la libertà di ciascuno di noi si arresta e finisce dove incontra la libertà di chiunque altro. Che la nostra libertà si costruisce intorno alla fiducia che, come facciamo noi (sic) tutti gli altri rispetteranno le regole.

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