Nel bel contributo pubblicato qualche giorno fa su questo blog, La sfera pubblica al tempo della pandemia, Mario Neve riprende il Protagora di Platone, ricordando che Zeus donò agli uomini, affinché non si autodistruggessero per via della loro ferinità, la politica, ovvero aidos (il rispetto) e dike(la giustizia). Ora, prosegue Neve, la reclusione domestica imposta dall’epidemia di Covid-19, ci restituisce il silenzio, ci protegge dall’aggressività dei social media ed in qualche modo anche la distanza, che è appunto presupposto del rispetto.
Concordo con Neve per quanto riguarda aidos, ma cosa dire per quanto riguarda dike, la giustizia. Innanzitutto come la concettualizziamo? Programma vasto! Accontentiamoci della concezione aristotelica di giustizia commutativa o regolatrice , ovvero quella che fa perno sul concetto di eguaglianza tra individui. Assumendo questa chiave di lettura, non possiamo non riflettere sul fatto che la letalità del virus è più elevata tra coloro che hanno già patologie in atto. Sono queste patologie diffuse in modo casuale tra la popolazione? Ovviamente le persone anziane sono più interessate alla morbilità cronica, ma, come è noto da tempo, lo stato di salute di un individuo è connesso anche alla classe sociale di appartenenza, come argomenta l’ampia letteratura in merito.
Possiamo renderci conto di questo fatto già osservando il grafico e la mappa di questa figura che mostrano la speranza di vita alla nascita nel 2016 per regione e provincia (fonte Osservatorio Nazionale della Salute nelle Regioni Italiane, con sede a Roma all’Università Cattolica, ideato dal professor Walter Ricciardi, con un focus dedicato alle disuguaglianze di salute in Italia).

Ulteriore conferma la si ottiene osservando le curve di sopravvivenza secondo la posizione nella professione (durante la vita attiva), tratte dalla Tesi di Dottorato di Carlo Lallo (La Sapienza) di questa seconda figura

Vi è poi l’aspetto del rischio professionale, particolarmente alto dove i luoghi di lavoro sono ancora popolati (gli ospedali in primo luogo) le probabilità di contagio sono più elevate. Se dobbiamo imparare dalla Cina (e la Cina è vicina, lo diceva già Marco Bellocchio nel suo bel film del 1967) allora dobbiamo tener presente che là il contagio è stato fermato perché la provincia di Huabei è stata completamente “blindata”, tutti gli uffici e le fabbriche erano chiusi.
C’è ben poca dike nella vicenda del COVID-19 in Italia. Parchi chiusi (sacrosanto) e fabbriche aperte. Una stima della Fondazione Di Vittorio asserisce che nelle 80 classi di attività economica in cui l’ultimo decreto governativo autorizza a continuare la produzione sono impiegate circa 12 milioni di persone.
Un’altra situazione assai difficile è quella dei “bambini perduti”(ovvero quelli con cui l’istituzione scolastica ha perso i contatti) nella scuola dell’infanzia e nella scuola dell’obbligo, perduti perché non hanno né connessione ad internet né computer, né smartphone. E si potrebbe continuare a lungo. La crisi sanitaria provocata dal Coronavirus, palesemente una crisi di salute pubblica, ha esasperato le diseguaglianze economiche e sociali che già affliggevano l’Italia, ed è stata così grave proprio in ragione di quelle disuguaglianze
Riprendendo il registro neoplatonico, se aspiriamo a superare la stasis (ovvero la situazione di disordine distruttivo in cui ci troviamo) dovremmo cercare di realizzare una nuova homonoia, ovvero una comunanza di visione, di concezione del mondo. E questo obiettivo, a mio parere, si può raggiungere solo restaurando la dike. E in questi giorni e in queste ore, restaurare la dike significa primo luogo restaurare la giustizia sociale. Appare evidente che solo con il rafforzamento delle funzioni dello stato in economia sarà possibile approntare quei provvedimenti e quelle iniziative necessarie ad affrontare ed attenuare le conseguenze economiche e sociali della crisi sanitaria.
Proiettata sulle dimensioni della politica economica e della politica tout court, ciò sta a significare il superamento definitivo (la rottamazione!) dell’apparato ordoliberista che costituisce la struttura profonda dell’Unione Europea, dal trattato di Maastricht al Patto di Stabilità alle politiche di austerity in senso lato.