L’Italia è uno dei paesi più colpiti da questa tragedia chiamata Coronavirus. L’epidemia colpisce un paese con un debito pubblico del 135 per cento sul PIL, caratterizzato da bassa crescita, elevatissima pressione fiscale, scarsi investimenti.
La nostra spesa pubblica è composta per circa il 33 per cento da pensioni, da un altro 33 per cento per stipendi per la pubblica amministrazione e per la parte residua per la spesa pubblica in beni e servizi. Per non far morire il paese, sarà urgente e necessario aumentare la spesa e allentare i vincoli fiscali, finanziando il fabbisogno con emissione di nuovo debito.
Negli ultimi giorni si sono scatenate fazioni opposte su un tema cruciale: deve l’Italia utilizzare il MES (Meccanismo Europeo di Stabilità) o no ? E se sì, deve farlo a quali condizioni ?
Che dire degli Eurobonds ?
Prima di procedere, rappresentiamo sinteticamente in Tabella 1 l’impatto della crisi sulla posizione fiscale di alcuni paesi Europei e US.

Dalla Tabella 1, vediamo chiaramente come l’impatto della crisi sulle finanze pubbliche di molti paesi europei sarà devastante. Per l’Italia, la crescita del debito pubblico balzerà dal 135.6 per cento fino a circa il 160 per cento in rapporto al PIL. Tutti i paesi, comunque, saranno caratterizzati da aggravamento della posizione fiscale.
Ricordiamo che il MES è un fondo al quale tutti gli stati hanno contribuito al quale è possibile accedere in condizioni di grave stress per l’economia di un paese. Per i paesi con finanza pubblica in difficoltà, l’accesso è condizionato ad una serie di iniziative volte e mettere sotto controllo la finanza pubblica del paese richiedente. Cosa vuole dire ‘sotto controllo’? Tale espressione (che è mia) non si traduce necessariamente in una serie di condizioni particolarmente vincolanti su di uno stato. E’ ben possibile che al fine di sostenere l’economia di un paese devastato da questa terribile pandemia, l’accesso al MES sia subordinato a condizioni tutto sommato ‘leggere’, che vincolino, ad esempio, il paese che utilizzerà tali fondi a spenderli solo per far fronte all’emergenza sanitaria o economica, senza utilizzarli per coprire spese relative al debito pregresso. La capacità nel negoziare questi aspetti è tutta nelle mani del governo del paese richiedente. E’ importante sottolineare, dunque, che l’accesso al MES non comporta necessariamente una ristrutturazione del debito pubblico. Certo, qualora la condizionalità fosse più stringente, sarebbe un bel problema per il nostro paese.
Le ultime decisioni prevedono un accesso al MES con un livello pari al 2 per cento del PIL. Ciò equivale ad una somma pari a 35 miliardi di Euro circa da destinarsi solo per spese di carattere sanitario.
Chiaramente ciò non è sufficiente.
Un passo importante è una riallocazione delle risorse già a disposizione della Commissione. Ciò si estrinseca nella definizione di un pacchetto abbastanza consistente formato da:
- Coronavirus Response Investment: utilizzo flessibile per i fondi comunitari per la coesione interna, pari a 37 miliardi
- Garanzia per Piccole e Medie imprese a carico della European Investment Bank
- SURE – European Unemployment Insurance, fondo per il sostegno alla disoccupazione, per un’entità pari a 100 miliardi di Euro.
- Recovery Plan: fondo per la ‘Ricostruzione’: ancora non ci sono cifre, ma si dovrebbe immaginare una cifra complessiva (per tuta EU) pari ad almeno 500 miliardi.
In aggiunta a questo, la Banca Centrale Europea ha allargato di molto il margine di intervento sui mercati, proseguendo in modo sostanziale il Quantitative Easing, denominato come APP (Asset Purchase Program), integrandolo con una misura straordinaria, identificata come PEPP (Pandemic Emergency Purchasing Programme), in aggiunta all’estesione di LTRO (Long Term Refinancing Operations), per un totale complessivo di 1,100 miliardi di Euro. Contestualmente a tali misure, la BCE ha previsto la possibilità di acquisti illimitati dei titoli di stato: ciò significa che sarà possibile acquistare una quantità di titoli pubblici che va al di là della soglia ‘capital keys’ massima attribuita ad ogni paese, che è calcolata in proporzione alla grandezza relativa del suo PIL.

Di fatto la BCE sta già svolgendo molto attivamente questo ruolo. Se infatti vediamo la figura 2 dove vengono rappresentati gli acquisti delle BCE oltre i limiti previsti dalla normativa e dagli accordi (i c.d. ‘capital keys’). Si vede molto chiaramente come gli acquisti effettuati sui titoli pubblici italiani sono ben al di sopra dei limiti previsti. Ciò segnala già un forte attivismo da parte della BCE.
Che giudizio dare su questo pacchetto di misure ? E’ opportuno ricorrere al MES ? In primo luogo – anche se ancora il giudizio non può essere definitivo, dal momento che ancora non si conosce l’entità del ‘Recovery Fund’ che dovrà ancora essere discusso in sede di Commissione Europea. Tuttavia, si può registrare come l’ammontare di risorse complessive in gioco in EU è circa un quarto rispetto a quelle erogate negli USA, dove il pacchetto varato dal Presidente Trump si aggira attorno a 4,300 miliardi di dollari. Quindi, l’Europa deve comprendere che le risorse messe sul tavolo potrebbero richiedere uno sforzo maggiore.
Da ultimo, in estrema sintesi, c’è il tema MES (Meccanismo Europeo di Stabilità). Accedere al MES apre ad un certo grado di condizionalità. L’accordo appena varato (che deve essere perfezionato nei prossimi giorni) prevede assenza di condizionalità nella fase emergenziale per l’utilizzo di risorse necessarie per poi riaccendersi dopo la fase di emergenza.
Fermo restando che molto probabilmente i corona-bonds non potranno essere realizzati in tempo utile per far fronte alla crisi, va sottolineato subito che il MES è certamente in grado di ottemperare al bisogno, potendo emettere bond con garanzia congiunta per sopperire alla crisi. Il punto vero però è che, come abbiamo scritto all’inizio dell’articolo, l’Italia si troverà nel giro di poco tempo a sopperire ad una crisi che determinerà un incremento dello stock di debito pubblico ad un livello che seriamente potrebbe pregiudicarne la solvibilità di lungo termine. Senza un intervento-shock sullo stock di debito, l’Italia – a politica economica invariata, essenzialmente basata su elevata pressione fiscale – farà molta fatica ad uscire da questa situazione. Tale intervento shock non potrà che essere rappresentato da una manovra di conversione del debito detenuto dalla banca centrale in modo da azzerare gli oneri per interessi passivi e la difficoltà del suo rinnovo: trasformare il debito esistente in un titolo perpetuo con interessi pari a zero. Ciò azzererebbe l’onere per interessi passivi per il governo e lo svincolerebbe da considerare ulteriori emissioni. Chiaramente, i singoli governi verrebbero privati della restituzione del signoraggio, ma ciò agirebbe come incentivo a risistemare l’andamento della spesa corrente.
Altra alternativa la monetizzazione parziale del debito: si può effettuare con un meccanismo simile: acquisto di titoli a lunghissimo termine e fronte di moneta accreditata nel conto corrente del Ministero del Tesoro presso la Banca Centrale. Poi: la banca centrale, trascorso qualche anno, potrà procedere alla svalutazione dei titoli in portafoglio, rendendo la creazione di moneta permanente.
Quanto sopra esposto rappresenta un tabù secondo l’ortodossia di pensiero rappresentata dalle istituzioni europee e da molti economisti italiani (che sembrano diventati afoni di proposte). Ma in tempi così eccezionali ci vogliono misure eccezionali. Altrimenti l’Europa non riuscirà a sopravvivere.