Da quando i social network si sono affacciati nell’universo connesso, internet e il mondo sono radicalmente cambiati. Il web 2.0 ha rivoluzionato la nostra quotidianità, indirizzandoci nella dimensione virtuale di una connessione continua. Negli ultimi dieci anni i social hanno dato una svolta importante al complessivo sistema della comunicazione, privata e pubblica. Spesso sottovalutati e disprezzati, considerati il veicolo della diffusione di contenuti approssimativi e per stringere o mantenere vive relazioni superficiali.
Le nuove generazioni, i cosiddetti nativi digitali o millenials, sono sicuramente quelli maggiormente coinvolti in questa trasformazione; e probabilmente è vero quando si dice di loro, anche rispetto ai più immediati e ancora giovani predecessori: un livello dell’attenzione decisamente basso, modalità di scrittura semplice e non sempre grammaticalmente corretta. È stato più volte puntato il dito conto i social network, anche per la mancanza di regole, al profilare delle fake news e alla scarsa possibilità di controllo e verifica.
Ma cosa succede quando l’intero paese, o meglio il mondo, si ferma per una pandemia? Si riscrivono le regole della comunicazione, social network compresi. Il digitale e la rete diventano il perno intorno cui si riorganizzano le giornate. Sono stati cercati nuovi modi di fare lezione all’Università e nelle scuole, nuove modalità di tenere le riunioni di lavoro e persino le conferenze. Qualcuno sostiene che si è diventati molto più puntuali e, sicuramente, è moltiplicato il tempo libero grazie alla mancanza di spostamenti casa – lavoro e all’impossibilità di incontrarsi per una cena o un weekend fuori porta.
È così che il web e i social network hanno preso il sopravvento e sono diventati la piazza dove incontrarsi, dove organizzare aperitivi, visitare musei, ascoltare concerti. Le iniziative in grado di accontentare i più svariati interessi sono davvero numerosissime. Sono moltiplicate le sessioni di cucina online. Cantanti e band più o meno famose in mancanza dei tour, danno appuntamento ai fan in diretta Instagram per regalargli live che diventano delle occasioni intime di condivisione. Così come gli attori, gli influencer e i blogger che raccontano la quarantena in modo ironico. Per non parlare di #iorestoacasa che oltre ad essere stata una campagna di incoraggiamento è diventato un modo di condivisione delle attività giornaliere in casa. Oppure i flashmob sui balconi di casa, o le dirette Facebook di sindaci e governatori per le ultime informazioni sul Coronavirus.
Non ci si può annoiare e si continua a viaggiare anche solo con la fantasia. I musei stanno conoscendo una rinascita grazie ai social network: sono numerosissimi i contenuti video in cui direttori o esperti raccontano le collezioni dei musei, le condivisioni di tour virtuali o le challenge lanciate per raccontare le opere d’arte.
È un periodo in cui nessuno ne può fare a meno, anche in un paese come l’Italia in cui la percentuale di chi utilizza Internet è ancora bassa. Nessuno può rinunciare alle videochiamate in direct, anche i nonni che hanno dovuto adattarsi per poter condividere un po’ di tempo con i loro nipotini. Si dedica più tempo agli amici, si ha il tempo anche di contattare persone che non si sentiva da tempo e che grazie a Facebook si è ritrovato il contatto.
Bisognava che il mondo si fermasse perché i social network finalmente avessero la loro rivincita. In questo periodo forse impareremo a usarli meglio. E magari anche a scoprire che le Fake-News circolavano già quanto meno ai tempi in cui Balzac scriveva le Illusioni perdute. Tra il 1837 e il 1843 narrava di come l’ambizioso Lucien apprendesse dal direttore del giornale con cui collaborava a scrivere deliberatamente il falso e iniziare così una carriera di grande successo. Per chi non ha a portata di mano o non conosce questo romanzo, la relativa voce in Wikipedia – l’apoteosi del social network – è a disposizione; viceversa per quanti lo hanno amato e studiato, le stesse pagine sono pronte per essere modificate, aggiustate, arricchite. In barba al distanziamento sociale, la condivisione, sharing, anche del sapere è a portata di mano, anzi di mouse o di touch.