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Mobilità e turismo, al di là dei complotti

mobilità viaggiare

Superata l’emergenza relativa alla pandemia di COvid-19, avviata la fase 2, l’attenzione si sta spostando con maggiore attenzione sulle conseguenze economiche e, soprattutto, su quello che potranno essere i prossimi mesi, anche dal punto di vista della mobilità ordinaria delle persone, volendo cosi definire la possibilità di spostarsi non solo per ragioni di necessità e/o urgenza o lavorative. Dal punto di vista interno, come noto, dal 3 giugno si è tornati a viaggiare tra regioni; inoltre, è stata abolita la necessità di effettuare un periodo di quarantena di due settimane per coloro in viaggio dall’estero, quale che fosse il luogo di provenienza e il livello di contagio.

I giornali hanno titolato immediatamente che, così facendo, le frontiere italiane sono state aperte; in realtà si tratta di improprietà poiché, quelle interne all’area Schengen, non sono mai state formalmente ripristinate, tanto che non risultano notifiche in tal senso del governo italiano alla Commissione europea, mentre quelle esterne lo rimarranno in qualche modo visto che l’Italia, come gli altri Paesi europei dello spazio di libera circolazione, continuerà a riservare – almeno fino al 15 giungo successivo –  la possibilità di ingresso solo ai cittadini non europei che sono in viaggio per ragioni essenziali.

Con tale provvedimento il governo italiano cerca di sostenere anche il settore turistico, consentendo in tal modo l’arrivo di turisti stranieri in Italia. Sarà però sufficiente? Soprattutto, visto che la dimensione europea è evidentemente fondamentale, cosa sta succedendo e si sta facendo a Bruxelles e nelle capitali degli altri Stati membri?

mappa europea legata ai contagi e alle misure di restrizione, mobilità in fase2

Rispondere alla prima domanda è facile esercizio, perché è chiaro che il provvedimento italiano è importante, ma non risolutivo: infatti, la maggior parte dei possibili turisti stranieri dovrà attraversare almeno un confine per giungere in suolo italico e la libera circolazione a livello europeo non è ancora del tutto garantita; inoltre, cosa non trascurabile, potrebbero essere soggetti a misure di controllo o isolamento una volta rientrati nel loro Paese. Infatti, per proteggere i propri cittadini dal contagio, la quasi totalità degli Stati europei ha progressivamente ripristinato i controlli alle frontiere interne, normalmente previsti per verificare l’identità di coloro che le attraversano, ed ha principalmente stabilito obblighi di quarantena per coloro che entravano nel paese, quale che fosse la cittadinanza degli interessati.

Più complesso rispondere alla seconda, poiché tali decisioni sono state assunte in un contesto normativo europeo in cui le procedure sono chiaramente individuate per i casi riconducibili all’ordine pubblico e alla pubblica sicurezza, ma non per la sanità pubblica; inoltre, sono state legittimate dalla Commissione che, nel tentativo di rimediare all’iniziale intervento disarmonico dei singoli governi, ha invitato gli Stati interessati ad informarla delle loro decisioni. Sulla legittimità di quanto avvenuto molte riserve sussistono, principalmente con riferimento al periodo successivo alla prima emergenza,  e la stessa Istituzione non ha contribuito alla chiarezza, avendo riconosciuto che la salute dei cittadini sarebbe stata garantita anche senza i controlli di frontiera, ma auspicando al contempo – nella road map della Presidente della Commissione e del Presidente del Consiglio europeo – la ripresa della circolazione almeno tra aree con contagio (minimo) omogeneo. In tal senso si era espressa anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità, a confermare che, superata una prima fase di disorientamento, le misure da adottare per prevenire e ridurre ulteriori nuovi contagi, avrebbero dovuto (e dovrebbero) essere altre.  

Ridotto il numero di contagi, molti Stati stanno ora valutando proprio l’applicazione di tale criterio per l’istituzione dei cosiddetti corridoi turistici, che altro non sono che la possibilità di muoversi tra Stati che per l’appunto hanno livelli minimi di contagio, simili, e gestibili da parte dei locali sistemi sanitari. Questo potrebbe costituire il primo passo verso un ritorno alla normalità e per l’Italia risulterà fondamentale dimostrare che la gestione sanitaria ha superato l’emergenza e risulta ampiamente sotto controllo. Al contrario, in una situazione sensibilmente non ancora omogenea, od addirittura col ritorno di aree a mobilità limitata, potrebbe essere decisivo persino il ripristino delle aree a mobilità limitata: infatti, in tal modo, si potrebbe giustificare l’inclusione di alcune zone d’Italia in tali corridoi, favorendo cosi il ripristino dei collegamenti aerei e l’incremento di quelli terrestri.

In ogni caso, ancora una volta l’azione a Bruxelles risulterà determinante: solo il coordinamento della Commissione, svolto con il pieno esercizio dei poteri previsto dai Trattati, potrebbe verosimilmente portare ad una gestione soddisfacente per tutti, magari spingendo gli Stati al ripristino della legalità e della libertà di circolazione. E solo la pressione in tal senso del governo italiano in quel contesto, oltre che bilateralmente coi singoli governi, potrebbe portare a risultati concreti.

Non certo il lamentarsi per presunti (ma inesistenti) complotti nei confronti del nostro Paese.

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