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Virus, reddito, disuguaglianze

L’osservazione della realtà economica di queste ultime settimane mette in evidenza che i provvedimenti presi per contrastare la diffusione del virus non solo hanno e avranno un effetto pesante su tutta l’economia del Paese ma hanno altresì un effetto differenziato sulle diverse categorie sociali/economiche e sul loro reddito con impatti e conseguenze molto diverse da quanto è avvenuto in occasione di altre gravi crisi economiche.

Da anni sappiamo che uno dei temi economici e sociali più rilevanti è quello dell’accentuarsi delle diseguaglianze (di reddito) che con le diverse crisi economiche che si sono succedute negli ultimi decenni non solo non sono diminuite ma anzi sono aumentate anche in ragione del modello di sviluppo (neo-liberista) assunto a paradigma di riferimento per le principali politiche pubbliche.

Possiamo parlare di disuguaglianza verticale perché il reddito disponibile si colloca lungo un continuum che va da zero euro a molti milioni di euro, ovviamente con addensamenti che si concentrano nelle posizioni intermedie: pochi sono i poverissimi, pochissimi sono gli straricchi, la più parte si distribuisce su posizioni intermedie tra povertà e ricchezza.

La novità indotta dalla pandemia in corso (o meglio, dai provvedimenti assunti per contrastarla) mette in evidenza che alla disuguaglianza verticale di reddito si affianca una disuguaglianza che per omogeneità di metafora possiamo definire orizzontale e che si manifesta su due piani diversi: quello delle filiere merceologiche e quello dello status professionale. Vediamole con ordine.

La chiusura selettiva delle attività economiche, produttive e commerciali crea una differenza sostanziale tra le filiere considerate strategiche per contrastare il virus e quelle invece che possono o debbono essere sospese per un lasso di tempo al momento indefinito.

Della prima categoria fanno parte la filiera agro-alimentare, il bio-medicale, il delivery, buona parte della logistica, parte dell’informatica e poco altro. Della seconda categoria fanno parte quasi tutte le altre filiere (tessile, abbigliamento, meccanica, automotive, ecc) con particolare impatto sul turismo, la produzione e il commercio non food, bar, ristorazione, palestre, estetiste, ecc.

E’ ragionevole prevedere che alcune di queste filiere (bar, ristorazione, palestre) riprenderanno a pieno regime non appena verranno tolti i vincoli oggi esistenti, a condizione ovviamente che la sospensione dell’attività non duri troppo a lungo. Ma per altre filiere, come il turismo, la ripresa sarà molto lunga. La prossima stagione estiva è già compromessa perché verosimilmente non arriveranno stranieri, molti in queste settimane si sono giocati le ferie e molte persone hanno avuto un tale calo di reddito che non potranno permettersi la solita vacanza.

Comunque il calo di reddito che molte famiglie registrano in questi mesi ridurrà complessivamente la capacità di spesa nei prossimi mesi e questo si rifletterà su tutta l’economia. In ogni caso possiamo parlare di disuguaglianza orizzontale perché nelle filiere non strategiche perdono tutti, dall’operaio all’imprenditore mentre in quelle strategiche tutti mantengono il loro reddito precedente o addirittura lo aumentano grazie agli straordinari (per i dipendenti) o a un aumento del fatturato. Tenuta del reddito, perdita di reddito, o, addirittura miglioramento riguardano tutti i componenti della filiera.

La seconda diseguaglianza orizzontale possiamo definirla come quella legata allo status professionale dei singoli che si comprende meglio facendo direttamente esempi concreti.

Pensionati e dipendenti pubblici, che facciano o meno lo smart working, mantengono il loro reddito precedente alla crisi e in molti casi di fatto sono costretti a risparmiare non potendo muoversi e/o fare acquisti che non siano quelli alimentari o on line.

I dipendenti delle filiere strategiche mantengono o aumentano il loro reddito grazie agli straordinari che sono chiamati a fare per garantire la produzione.

I dipendenti delle filiere non strategiche hanno la cassa integrazione che comunque taglia più o meno sensibilmente il reddito mensile.

Autonomi, indipendenti, professionisti (partite iva in generale) ad oggi non hanno coperture e in molti casi hanno perso e perdono per tutta la durata delle limitazioni la totalità del reddito (il barista, l’estetista, il consulente, ecc.). In compenso a fronte di nuove politiche di sostegno sono facilmente identificabili e valutabili sul reddito passato (reddito/fatturato dell’anno precedente).

Buona parte dei lavoratori in nero (ad esempio le colf) hanno perso tutto il loro reddito normale e, per definizione, non sono  nemmeno identificabili come destinatari di provvedimenti economici a loro favore.

Degli operatori della criminalità, spicciola o organizzata, non sappiamo al momento niente ma sembra siano crollati furti in appartamento e borseggi mentre “tengono” le rapine alle farmacie.

La diversa incidenza del virus sul reddito dipende quindi anche dallo status professionale e si configura come una seconda disuguaglianza orizzontale rispetto alla situazione cui eravamo abituati in precedenza. Un lavoratore autonomo, indipendente, a partita IVA, (ma anche un imprenditore) che prima della crisi poteva avere delle entrate più che soddisfacenti in questi mesi perde tutto, mentre un pensionato, un dipendente pubblico (o privato delle filiere strategiche) mantiene il proprio reddito.

Ovviamente questo incide anche sulla configurazione della disuguaglianza verticale creando un diverso ranking rispetto alla condizione pre-crisi. L’incidenza di questa nuova configurazione sociale dipende dalla durata della crisi e dai tempi di reazione delle singole filiere.

Inutile dire che le disuguaglianze orizzontali si sommano e si intrecciano alle classiche disuguaglianze verticali dando vita ad una situazione particolarmente complessa tanto da analizzare che da gestire.

Se l’ipotesi dell’apparizione di disuguaglianze orizzontali è una ragionevole rappresentazione di quanto è successo e sta succedendo in queste settimane mi pare che essa sia rilevante sotto molti profili. Gli storici potranno dirci se situazioni del genere si sono già presentate in passato ma, per quello che mi risulta, non in quello recente.

Nell’immediato le nuove disuguaglianze pongono problemi nuovi al governo perché qualsiasi politica dei redditi che voglia sostenere persone, famiglie e imprese nel rispetto di un principio generale di equità, e rilanciare l’intero sistema economico, non potrà non tenerne conto e la complessità da affrontare sarà molto maggiore sia rispetto a target differenziati su basi nuove (appunto filiere e status professionale) sia sulle prospettive temporali, anch’esse differenziate, di ripresa e di recupero. A parte i provvedimenti d’urgenza assunti in questi giorni, nelle prossime settimane e nei prossimi mesi le politiche pubbliche dovranno acquisire una razionalità d’intervento di lungo termine che non è certo facile da individuare e bilanciare in ragione di come la crisi ha colpito i diversi attori economici. Questo ci porta a ipotizzare, e su questo chiudiamo, che anche l’attività di lobby sarà molto più vivace e articolata di quanto non sia stato fino a oggi dove la cosiddetta rappresentanza generale aveva un carattere tendenzialmente universalistico. La rappresentanza (e la lobby) dei prossimi mesi dovrà necessariamente tener conto delle differenze di impatto che la crisi ha avuto e sarà necessariamente più particolaristica e quindi, tecnicamente, corporativa.

Quando il virus sarà sconfitto nei suoi effetti più devastanti sulla salute si aprirà uno scenario economico e politico che costringerà a rivedere molte delle convinzioni sulle quali abbiamo basato fino ad oggi la nostra azione collettiva.

Articolo già apparso su già apparso mentepolitica.it del 28.3.20

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