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Come uscire dalla crisi ? Ripensare le regole dell’economia globale

Contributo di Massimiliano Marzo

La gravissima crisi economica che da ora in avanti interesserà il mondo necessita di risposte non standard.  Le previsioni economiche ci prospettano un futuro assai fosco: per l’Italia -8%, un po’ meno per US e Europa.  L’elemento negativo è la sincronizzazione della crisi che colpisce tutto il mondo occidentale allo stesso tempo, con la stessa intensità. 

In questa figura osserviamo l’evoluzione del tasso di crescita annualizzato (in variazione trimestre su trimestre).

La linea che fa preoccupare è la linea azzurra che mostra un picco negativo attorno al  -12 per cento (a livello globale) con una ripresa altrettanto rapida attorno alla fine del terzo trimestre.  Recessione breve, ma molto, molto intensa.

Sono diversi i piani sui quali la crisi si rifletterà: sulle famiglie, le imprese e lo Stato.

 Per quanto riguarda le famiglie, i rischi più gravi riguardano la disoccupazione, il mantenimento del salario, dei livelli essenziali di vita.  Ciò soprattutto riguarda il futuro: quando la crisi sarà passata, chi potrà riprendere il lavoro? La classe media è rimasta schiacciata da politiche fiscali pesantissime ed inique.  E questa recessione mette ancora di più a rischio questo segmento di popolazione i cui bilanci sono ingessati da debiti e da tasse.  Senza continuità di reddito le famiglie smettono di consumare, la domanda aggregata si contrae e ciò non fa altro che aggravare la recessione causata dallo shock del COVID-19. 

Dal lato delle imprese la situazione è altrettanto grave, specialmente se si guarda alle piccole e medie (PMI):  lo stop alla produzione e al commercio, con la conseguente impossibilità di onorare debiti con le banche genera un forte potenziale rischio di default, in assenza di iniezioni di liquidità.  Scenario, questo che può provocare rischi di stabilità anche sui bilanci bancari o perlomeno, senza modifiche in materia di garanzie, una forte restrizione del credito (derivante da accresciuti rischi di default sia per prestiti alle imprese che per quelli alle famiglie), con un’ulteriore spinta recessiva.  Le grandi imprese hanno maggiori possibilità:  esse attingono alla cassa (che è mediamente elevata) e possono finanziarsi sul mercato delle obbligazioni corporate.  Se i livelli di default arrivassero oltre un livello fisiologico (e sopportabile dagli accantonamenti delle banche), si aprirebbe uno scenario apocalittico: la fusione del nocciolo sarebbe vicina, con un rischio per la ripresa irreversibile. 

Infine, lo Stato, o meglio, il suo bilancio.  E’ chiaro che in una situazione del genere, l’unico attore del sistema in grado di fermare il contagio è lo Stato, attuando manovre espansive che, in varie forme, possano dare un minimo di sollievo ai bilanci delle famiglie e delle imprese.  Date le proporzioni della crisi, però, tale manovra avrà un impatto sul bilancio dello Stato davvero non trascurabile.  Si può ipotizzare un incremento del rapporto debito/PIL può andare da un minimo del 10 ad un massimo del 40 per cento.  Tutti i bilanci pubblici subiranno questo effetto.  Se pensiamo all’Italia ciò potrebbe tranquillamente comportare una crescita del rapporto debito/PIL dal livello attuale del 135% ad un potenziale che può collocarsi attorno al 160% – 170% del PIL. 

Come uscirne?  E qual è la compatibilità delle soluzioni con le regole Europee ? 

Per uscirne ci sono pochi dubbi: c’è bisogno di denaro e garanzie.  Denaro per far fronte all’emergenza sanitaria, per sostenere le famiglie e imprese con sgravi fiscali (temporanei), che permettano un supporto alla grave crisi di liquidità che si sta preparando.  Ma è anche necessario fornire garanzie sia alle imprese che alle famiglie: lo Stato, in un contesto così grave, deve necessariamente intervenire.  Ma la risposta deve anche venire da un complessivo coordinamento delle politiche fiscali a livello globale

Fino ad oggi, la politica monetaria era vista come separata da quella fiscale.  Oggi, proprio perché la politica monetaria possa avere efficacia, è assolutamente necessario che sia accompagnata da manovre fiscali espansive, non solo a livello europeo, ma globale. 

La politica monetaria deve essere pronta a garantire tutta la liquidità al sistema economico.  La BCE – dopo il passo falso iniziale – ha garantito un’iniezione straordinaria di liquidità: ha potenziato il quantitative easing (acquisto di titoli pubblici e non, mantenendoli in bilancio fino a scadenza) inserendo la possibilità di fare acquisti senza limiti dei titoli di Stato dei paesi dell’area dell’Euro. 

E’ un passo in avanti molto importante, ma a questo va associato con urgenza la possibilità di allentare i vincoli che le banche devono rispettare nell’erogazione del credito, altrimenti le iniezioni di liquidità rischiano di non canalizzarsi nell’economia reale.  In una parola: sospendere Basilea 3.  In che modo ? Condizionando l’accesso delle banche a fonti di liquidità presso la BCE all’erogazione di prestiti e garanzie alle Piccole e Medie Imprese.  Infatti, i debiti in essere delle imprese rischiano il default: se vengono sostituiti con nuovi prestiti a condizioni più vantaggiose, senza condizioni di assorbimento patrimoniale per le banche.

In sintesi: 

  • coordinamento di politiche fiscali espansive;
  • garanzie per imprese e famiglie;
  • politica monetaria espansiva;
  • allentamento vincoli regolamentari su assorbimenti patrimoniali su prestiti, ovvero: moratoria sulle regole di Basilea 3 per facilitare l’accesso al credito bancario. 

Le risposte sopra delineate sono non convenzionali: è l’opposto di quanto (a parte la politica monetaria espansiva) è stato seguito dalle autorità di politica economica, fino allo scoppio di questa crisi.

Quali i rischi del non-fare ? E’ evidente che oltre alle conseguenze di cui sopra, il rischio più grave è quello di una spirale deflazionistica e un conseguente avvitamento dell’economia. 

Questa crisi segna un forte spartiacque: ci sarà un prima e un dopo.  E, devo dire, quest’esperienza ci insegna quali sono veramente le cose importanti nella gestione dell’economia.  A partire dalla crisi del 2008-2009 abbiamo legato il nostro sistema con regole molto stringenti e pesanti che ne limitano la capacità di reazione di fronte ad una crisi così grave. Dovremo seriamente ripensare le regole che governano l’economia globale in modo da privilegiare più la sostanza che la forma. 

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