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Il professor Barbero e i No Vax sbagliano. L’obbligo del green pass è una misura di grande civiltà. E vi spiego perché

Le parole del Presidente Mattarella in tema di vaccinazione, pronunciate in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università di Pavia, sono il frutto di un senso istituzionale incondizionatamente ispirato all’interesse generale. Nell’evocare il dovere civico, morale, di ogni individuo, esse tratteggiano esemplarmente i termini di un dibattito in cui si annidano non pochi equivoci di fondo.

Mediante il riferimento alla «libertà» di non vaccinarsi viene agitato il vessillo dell’autodeterminazione, della libertà di non subire imposizioni allorquando vengano in gioco scelte che riguardano il proprio corpo e, più in generale, la persona umana nella molteplicità dei valori che essa è in grado di incarnare e di esprimere.

Sennonché – e qui un primo errore di fondo – la libertà di autodeterminazione, al pari di ogni altra libertà, non è senza confini.

L’esercizio di una libertà – quale può essere, per fare un esempio diverso, quella di manifestare liberamente il proprio pensiero – può entrare in conflitto con gli interessi, pur fondamentali, riconosciuti agli altri individui (così come accade quando il diritto di cronaca o di critica si pone in contrasto con il diritto alla riservatezza, all’onore o alla dignità delle persone evocate).

Orbene, questo accade perché le prerogative riconosciute ad ognuno, sotto forma di libertà, sono destinate ad essere esercitate nel contesto di una comunità ampia di persone; di modo che esse devono necessariamente armonizzarsi con le pari prerogative spettanti agli altri individui, anche in una prospettiva di salvaguardia dell’interesse generale.

Quando ciò si verifichi, a venire in considerazione è la decisione vòlta a stabilire, alla stregua di un giudizio di contemperamento, quale tra gli interessi in gioco – e in conflitto tra loro – debba prevalere. Solo in tal modo la pacifica convivenza civile, fine ultimo di ogni sistema di vita in comune (quanto meno di quelli a matrice democratica), può in concreto realizzarsi. Ogni struttura organizzativa si basa, anche – ma non solo – in ragione delle complesse forme di interrelazione che si vengono a creare tra le differenti sfere individuali di ognuno, (altresì) su un’idea di sacrificio.

Con riguardo alla pandemia ancora in atto, occorre allora soffermarsi su alcuni dati oggettivi:

  • il covid è una malattia altamente contagiosa, in non pochi casi letale o, comunque, con effetti rilevanti sulla salute;
  • il covid ha un elevatissimo costo sociale ed economico, con innumerevoli implicazioni negative su plurimi piani;
  • esiste un vaccino in grado di neutralizzarlo, per lo meno in misura molto rilevante.

Si tratta di tre passaggi nodali che, in quanto correttamente valorizzati, fanno sì che la vaccinazione si presti – indipendentemente da ogni pur legittimo dibattito sull’opportunità di farne l’oggetto di un obbligo giuridico – ad essere qualificata come dovere morale, quale contegno da tenere non solo nel proprio interesse, ma prima ancora nell’interesse altrui. Un comportamento che si tinge anche di note di altruismo e che trova fondamento nell’esigenza di preservare la salute, intesa come diritto fondamentale dell’individuo, sì, ma anche, giusta la fondamentale previsione dell’art. 32, comma 1 della Costituzione, come interesse della collettività.

Con il dovere morale di vaccinarsi si interseca il tema dell’obbligo (giuridico) del green pass; a tratti vi è anche una sovrapposizione. Anche qui occorre procedere a una valutazione in termini di contemperamento, la quale nondimeno non può prescindere da un’elementare, quanto fondamentale, considerazione. Chiunque abbia la responsabilità dell’esercizio di un’attività (economica, scolastica, culturale, assistenziale) ha una precisa responsabilità: darsi carico di proteggere, nella misura più efficiente possibile, tutti coloro i quali facciano parte, ovvero entrino in contatto, con l’organizzazione su cui si fonda la predetta attività.

Quindi, a differenza di quel che un pensiero pur autorevole – come quello del Prof. Barbero – ha sostenuto, libertà di vaccinarsi (e correlativo dovere morale) e obbligo giuridico del green pass non sono in contraddizione tra loro. Al contrario, si è in presenza di un messaggio di grande civiltà i cui passaggi fondamentali sono i seguenti:

  1. la vaccinazione è fortemente raccomandata;
  2. purtuttavia, per rispetto dell’autodeterminazione degli individui, non è giuridicamente obbligatoria;
  3. nondimeno, chi sceglie di non vaccinarsi non può pretendere di svolgere le medesime attività cui sono legittimati i vaccinati.

Se di tutto ciò si tiene conto, le conclusioni in ordine alla piena legittimità dell’obbligo del green pass mi paiono consequenziali. Al contempo rivelano tutta la loro fallacità le argomentazioni – come quella che fa leva su un’asserita discriminazione delle minoranze – su cui poggiano le proteste di questi giorni. È piuttosto vero il contrario: se si ammettesse piena libertà in ordine al green pass si finirebbe per assistere alla prevaricazione della maggioranza ad opera della minoranza.

In conclusione, almeno in questa occasione mi pare sia del tutto fuori luogo il riferimento al girone dantesco degli ipocriti.

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