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La passione e l’energia della scienza ai tempi di una calamità antica

Il Coronavirus 2 della Severe Acute Respiratory Syndrome (SARS-CoV-2) si è diffuso tra le popolazioni causando una pandemia, come tante ce ne sono state in passato. I coronavirus sono noti da tempo, il primo fu isolato nel 1937 dai polli. Il virus SARS-CoV-2 non è niente di nuovo. La storia umana, in tutte le parti del mondo, è stata determinata da malattie, carestie e guerre in un modo forse poco riconosciuto dai libri di storia. Nuova è forse solo la vastità, la globalità della pandemia.

Fatto notevole, a mio parere, è che questa volta abbiamo reagito, il mondo ha reagito e ha messo in atto misure di contenimento della pandemia per la salvezza di molti che altrimenti sarebbero morti. E ora le Istituzioni nazionali e sovranazionali, almeno in alcune parti del mondo, si organizzano per intervenire in modo significativo per contenere le gravi conseguenze economiche e sociali. Questo è un progresso rispetto alla spagnola di solo un secolo fa, come notato da Giuliano Amato su Treccani Atlante. Per quanto imperfette a livello sociale possano essere queste reazioni, abbiamo una Fase 2 e una Fase 3. Dunque, grazie a scienza e democrazia, la condizione umana rispetto alle pandemie è migliore che nel passato.

Si può forse notare un’altra novità. Il virus ha avuto un impatto importante a livello individuale e collettivo trasformando la nostra vita quotidiana e professionale. Il tempo ci dirà quanto i comportamenti delle persone si trasformeranno in modo permanente. Forse tanto, forse niente. Di certo ha già cambiato la ricerca scientifica.

energia della scienza ai tempi della pandemia. Le sei sedi dello European Molecular Biology Laboratory: Barcelona, Grenoble, Hamburg, Heidelberg, Hinxton, Roma.

Se n’è parlato poco sui media, ma il lockdown mondiale ha limitato fortemente non solo la libertà individuale, il lavoro e la socializzazione, ma ha bloccato anche la ricerca scientifica. E’ triste vedere i laboratori vuoti, deserti e silenziosi. Ancor più triste pensare che tutti i laboratori nel mondo si sono, in gran numero, fermati. Per primi si sono fermati i laboratori in Cina, dove i ricercatori sono tornati a casa per il capodanno a metà gennaio di questo anno, e là sono rimasti bloccati senza poter tornare in laboratorio. Più tardi, il lockdown ha interessato Europa e USA, per esempio le 6 sedi (Barcelona, Grenoble, Hamburg, Heidelberg, Hinxton e Roma) dello European Molecular Biology Laboratory-EMBL sono stati chiusi e i centri di ricerca privati della Silicon Valley (California, USA) sono attivi solo in smart working. Nello stesso tempo tutte le conferenze scientifiche in primavera sono state annullate, molto spesso sostituite da conferenze virtuali. Insomma, la ricerca sperimentale è ferma quasi ovunque, fatto salvo le situazioni non procrastinabili o urgenti. Questo non è a lungo sostenibile, vi sono progetti finanziati che devono andare avanti e pazienti di altre patologie aspettano risposte che non possono tardare ad arrivare. L’emergenza sanitaria rischia – l’abbiamo sentito dire – di impattare negativamente su altre patologie che sono nel complesso comunque una larga maggioranza.

Per questa ragione, l’energia della comunità scientifica e medica tutta si è indirizzata a combattere la pandemia, trovare nuove modalità di comunicazione e ri-organizzare il lavoro scientifico, sostenendo al contempo senza remore le misure del lockdown quali uniche soluzioni, al momento, per contenere i contagi. Da una parte medici, infermieri e tutti gli operatori della sanità sono in prima linea nel curare e assistere i malati, dall’altra i ricercatori hanno dirottato le risorse finanziarie e intellettuali verso la scoperta del vaccino e di farmaci efficaci, le agenzie di finanziamento sono state comprensive rispetto alle impreviste difficoltà dei ricercatori e nuovi bandi competitivi sono stati aperti o si apriranno per finanziare nuovi progetti di ricerca finalizzati a sconfiggere SARS-CoV-2. Settori economici e sociali si sono riconvertiti per aumentare le misure di protezione individuale. Perfino il CERN, la cui capacità di connettere pezzi distanti di società a livello mondiale è proverbiale, ha istituito una task force contro SARS-CoV-2, con il compito di lavorare insieme a istituzioni locali, esperti biomedici, sanitari e la World Health Organization e di mettere a disposizione le risorse del centro per la salute pubblica.

Un altro esempio di dedizione ed energia che queste comunità mettono nella battaglia contro il virus viene dalla nostra Lombardia. Un medico anestesista di Milano, Maurizio Cecconi, è stato segnalato dal prestigioso JAMA (Journal of the American Medical Association) come uno dei tre “Eroi della pandemia”. Si è reso subito conto della gravità della pandemia e ha quindi organizzato molte videoconferenze con colleghi in tutto il mondo per condividere le osservazioni cliniche che via via faceva e condividere le terapie – in particolare, il 28 marzo era in linea “con 130 mila colleghi, da tutto il mondo, molti nei paesi in via di sviluppo». L’iniziativa di Cecconi ha permesso a molti suoi colleghi in tutte le parti del mondo di essere più pronti all’arrivo di pazienti nelle loro terapie intensive.

La videochat e conferenze virtuali sono molto utilizzate in queste settimane dalle comunità scientifiche per continuare a scambiare informazioni e collaborare. Ecco, questo mostra come il virus abbia “costretto” i ricercatori e medici ad usare meglio un nuovo strumento per comunicare – le videochat. Certo è qualcosa che era già possibile prima del virus, ma SARS-CoV-2 ha accelerato di molto il processo in atto. Probabilmente, videoconferenze e convegni virtuali resteranno come modalità comunicative efficaci nel lavoro degli scienziati e dei medici in futuro.

È confortante constatare che tutta questa energia profusa dalla medicina e dalla scienza ha finalmente un riscontro nella popolazione, che ora sembra essere più attenta alle indicazioni degli esperti e seguire con trepidazione gli sviluppi scientifici sul SARS-CoV-2.

Se da una parte c’è fiducia nel futuro, passione ed energia, dalla parte opposta ci sono purtroppo soggetti che sembrano “remare contro” il proprio paese – e contro in modo vigoroso! Al di là dei soliti ciarlatani e venditori di fumo antiscientifico, c’è un fatto “straordinario” accaduto di recente – straordinario quanto la pandemia. Il Presidente degli Stati Uniti d’America ha superato il limite degli Alternative Facts: “è un fatto che la cura dei pazienti con polmonite da SARS-CoV-2 possa essere possibile con dosi massicce di raggi ultravioletti e iniezioni di candeggina nei polmoni” Si resta senza parole …. e invece bisogna reagire, per la gravità e pericolosità delle parole. Infatti, la comunità scientifica statunitense ha reagito fortemente per contrastare il messaggio sbagliato e potenzialmente mortale che arriva alla popolazione. Ma è responsabilità di tutti noi cittadini, scienziati, docenti, ma anche delle istituzioni pubbliche nazionali ed europee reagire e contrastare queste sciocchezze pericolose e le conseguenti azioni politiche.

La pandemia SARS-CoV-2 è arrivata all’improvviso per molti di noi, e ha messo alla prova la preparazione della società alle emergenze globali. Ha messo in evidenza come i sistemi sanitari e i piani di emergenza siano carenti e inadeguati in molte nazioni, anche occidentali. Oltre le sciocchezze che abbiamo sentito da varie fonti in queste settimane, oltre alle proposte antiscientifiche e mortalmente pericolose, la responsabilità dell’assenza di preparazione sociale e sanitaria alle emergenze è delle guide politiche e delle classi dirigenti dei vari paesi. Insomma, il virus ha messo in evidenza la necessità di attrezzarsi per fronteggiare le emergenze future. Perché una cosa è certa, la pandemia SARS-CoV-2 non è la prima e non sarà l’ultima.

Abbiamo solo bisogno che l’energia della scienza e delle persone di buona volontà pervada tutta la società.

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